エピソード

  • America Week - Episodio 14
    2025/04/11
    NEW YORK (ITALPRESS) - Il 2 aprile 2025, il Presidente Donald Trump aveva proclamato il suo “Liberation Day”, annunciando tariffe generalizzate su quasi tutte le importazioni. Un 10% fisso, ma con eccezioni esplosive: 34% alla Cina, 46% al Vietnam, 20% all’Unione Europea. Una guerra commerciale globale, dichiarata in un giorno solo. La reazione dei mercati è stata istantanea. Wall Street è crollata: S&P giù del 4,8%, Nasdaq a -6%, 2,5 trilioni di dollari bruciati in pochi giorni. Ma non è finita lì. Anche il mercato dei titoli di Stato americani - i famosi Treasury Bonds - ha cominciato a tremare. Gli investitori hanno iniziato a vendere in massa. I rendimenti sono schizzati in alto. Tradotto: il mondo stava perdendo fiducia nella solidità economica degli Stati Uniti.
    E così, solo sette giorni dopo, il 9 aprile, Trump ha fatto una clamorosa marcia indietro: sospensione per 90 giorni delle tariffe - tranne alla Cina, le cui tariffe sono salite al 125%.
    Come interpretare questa politica del rompo tutto con i dazi ma ora non posso? Ci sono almeno quattro letture.
    xo9/fsc/gsl
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  • America Week - Episodio 13
    2025/04/04
    NEW YORK (STATI UNITI) (ITALPRESS) - Il 2 aprile, dal Giardino delle Rose della Casa Bianca, Donald Trump ha annunciato una nuova raffica di dazi sulle importazioni da una lunghissima lista di paesi, come Cina, Corea del Sud, Viet-Nam, Canada e soprattutto l’Unione Europea. Li ha chiamati “dazi di liberazione”, proclamando ufficialmente il Liberation Day. Ma la reazione dei mercati è stata immediata e devastante: Wall Street ha perso oltre 1.300 miliardi di dollari in due giorni. Gli indici hanno chiuso con cali record, in quella che molti analisti hanno definito una delle peggiori risposte di mercato a un annuncio presidenziale nella storia moderna. CNBC ha commentato: “Peggio del peggior scenario previsto”. Nonostante il crollo, Trump ha confermato di voler andare avanti, rilanciando sui social il concetto che “i dazi sono giustizia economica” e promettendo ulteriori misure. Per molti osservatori, siamo davanti a una testardaggine ideologica che ignora i segnali dell'economia reale. Secondo la maggior parte degli economisti, le convinzioni su cui si basa questa politica sono errate e pericolose.
    xo9/fsc/gtr
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  • America Week - Episodio 12
    2025/04/04
    NEW YORK (STATI UNITI) (ITALPRESS) - Il 2 aprile, dal Giardino delle Rose della Casa Bianca, Donald Trump ha annunciato una nuova raffica di dazi sulle importazioni da una lunghissima lista di paesi, come Cina, Corea del Sud, Viet-Nam, Canada e soprattutto l’Unione Europea. Li ha chiamati “dazi di liberazione”, proclamando ufficialmente il Liberation Day. Ma la reazione dei mercati è stata immediata e devastante: Wall Street ha perso oltre 1.300 miliardi di dollari in due giorni. Gli indici hanno chiuso con cali record, in quella che molti analisti hanno definito una delle peggiori risposte di mercato a un annuncio presidenziale nella storia moderna. CNBC ha commentato: “Peggio del peggior scenario previsto”.
    Nonostante il crollo, Trump ha confermato di voler andare avanti, rilanciando sui social il concetto che “i dazi sono giustizia economica” e promettendo ulteriori misure. Per molti osservatori, siamo davanti a una testardaggine ideologica che ignora i segnali dell'economia reale.
    Secondo la maggior parte degli economisti, le convinzioni su cui si basa questa politica sono errate e pericolose.
    xo9/fsc/gtr
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  • America Week - Episodio 12
    2025/03/28
    NEW YORK (STATI UNITI) (ITALPRESS) - In pochi giorni, l’amministrazione Trump è piombata in un nuovo vortice di caos istituzionale: informazioni militari classificate lasciate fuori controllo e senza responsabilità, attacchi alla magistratura, proteste universitarie e libertà di pensiero represse, tensioni con l’ONU e una guerra commerciale rinforzata con dazi sulle auto straniere.
    Tutto è esploso il 13 marzo, quando il Consigliere per la Sicurezza Michael Waltz ha creato una chat su Signal per coordinare un attacco contro i ribelli Houthi in Yemen. Tra i partecipanti: il vicepresidente J.D. Vance, il Segretario alla Difesa Pete Hegseth, il Segretario di Stato Marco Rubio, il direttore della CIA John Ratcliffe, la direttrice dell’intelligence Tulsi Gabbard e altri membri del gabinetto. Ma Waltz, incredibilmente, ha incluso anche Jeffrey Goldberg, direttore di The Atlantic.
    Ignari della presenza del giornalista, i funzionari hanno discusso liberamente dettagli operativi, con Hegseth in particolare che ha condiviso target, armamenti e tempistiche. Goldberg ha pubblicato parte della conversazione, omettendo ciò che riteneva “top secret”. Ma quando l’amministrazione ha cercato di screditarlo, sostenendo che la chat non contenesse materiale classificato, The Atlantic ha pubblicato nuovi estratti, smentendo la Casa Bianca.
    L’uso di un’app commerciale per un’operazione sensibile ha fatto esplodere la polemica. Senatori di entrambi i partiti parlano ora di “gestione arrogante e caotica” della sicurezza nazionale. E il paradosso non sfugge: gli stessi che attaccarono Hillary Clinton per email private, oggi minimizzano un errore ben più grave.
    Il Congresso ha convocato in audizione, a porte chiuse, figure centrali come Kash Patel, John Ratcliffe e Tulsi Gabbard. I toni sono stati tesi. Waltz è al centro della bufera, ma è soprattutto Hegseth, che ha postato le informazioni più delicate, ad essere considerato il vero responsabile. I messaggi rivelavano dettagli dell’attacco fino a due ore prima dell’azione, mettendo a rischio la vita di piloti americani.
    Ora, su Hegseth pende anche una denuncia legale da parte di una ONG, per aver violato le norme federali sull’uso di canali non protetti. Il giudice sorteggiato per il caso? James Boasberg, lo stesso che ha bloccato le deportazioni dei venezuelani.
    Intanto, i tribunali federali hanno bloccato gli ordini esecutivi di Trump sulle deportazioni immediate di migranti senza udienza. Trump ha reagito accusando i giudici di sabotaggio. Ma a dar man forte alla Casa Bianca è stato lo Speaker Mike Johnson, che ha detto: “Il Congresso controlla i fondi dei tribunali. Se continuano così, possiamo chiudere interi distretti”.
    Una minaccia senza precedenti all’indipendenza della magistratura, che ha scatenato l’allarme anche tra giuristi conservatori. Sempre più voci parlano di una crisi costituzionale imminente.
    Ma la tensione non si ferma a Washington. Alla Tufts University, una studentessa turca, Rumeysa Ozturk, è stata arrestata da agenti in borghese, dopo che mesi fa sul giornale dell'università aveva firmato un articolo che attaccava la politica israeliana a Gaza considerandola “genocida”. Le autorità parlano di “retorica antisemita”, ma testimoni e avvocati smentiscono. Le proteste si sono estese a Columbia, Stanford e Chicago, dove sono stati fermati altri studenti.
    Organizzazioni civili parlano di violazione del Primo Emendamento e denunciano un clima da repressione autoritaria.

    sat/gsl
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  • America Week - Episodio 11
    2025/03/21
    NEW YORK (STATI UNITI) (ITALPRESS) - Negli ultimi giorni, l'amministrazione Trump ha scatenato una vera e propria battaglia su più fronti, facendo tremare le istituzioni americane. Dallo scontro senza precedenti con la magistratura alla chiusura di emittenti storiche come Voice of America, passando per attacchi alle università e la risposta alle proteste contro Elon Musk, la Casa Bianca sta ridefinendo i confini del potere. Il tutto mentre il mondo osserva con il fiato sospeso i suoi colloqui con Putin e Zelensky. Il presidente ha lanciato una crociata contro i giudici federali che hanno bloccato le sue politiche, chiedendone l’impeachment in un attacco senza precedenti all’indipendenza della magistratura. Il bersaglio principale? James Boasberg, il giudice che ha bloccato la deportazione di presunti membri di gang venezuelane, decisa dalla Casa Bianca con il controverso Alien Enemies Act del 1798. Trump lo ha definito un "radicale di sinistra" non eletto da nessuno, minacciando di spazzare via quei giudici che ostacolano la sua agenda. Ma qui è arrivata la risposta più potente della settimana: il presidente della Corte Suprema, John Roberts, ha spezzato il silenzio e ha attaccato Trump con parole durissime. "L’impeachment non è una soluzione alle sentenze sgradite," ha dichiarato Roberts, ribadendo che negli Stati Uniti esiste un processo di appello per queste decisioni, ricordando anche al presidente che i giudici federali sono nominati a vita e non eletti - come quelli della Corte Suprema - proprio per non poterli condizionare politicamente. Uno scontro frontale tra poteri dello Stato che per ora vede Trump agire con prudenza rispetto alla “tirata d’orecchie” ricevuta dal più importante giudice della Corte Suprema, ma che se andasse avanti potrebbe provocare un terremoto istituzionale mai visto prima nella storia degli Stati Uniti. Negli stessi giorni, l'amministrazione Trump si è trovata a gestire una crescente ondata di proteste contro Elon Musk, oggi a capo del DOGE, il Dipartimento per l’Efficienza Governativa. Manifestazioni violente hanno preso di mira la sua Tesla, con attacchi incendiari ai concessionari dell’azienda di automobili in diverse città. L’Attorney General Pam Bondi ha reagito senza mezzi termini: gli atti vandalici contro Tesla saranno trattati come “terrorismo interno”. Ma può davvero il governo equiparare atti di vandalismo alla minaccia terroristica? Se la libertà accademica aveva già subito colpi sotto questa amministrazione, l’ultima settimana ha segnato un’escalation. Badar Khan Suri, un ricercatore della Georgetown University munito di visto e di nazionalità indiana, è stato arrestato dalle autorità federali con l’accusa di diffondere propaganda pro-Hamas. Per il suo avvocato è una persecuzione politica, e il vero motivo del suo arresto è la moglie palestinese. Questo caso ha sollevato un’ondata di indignazione nel mondo accademico, con professori e studenti che parlano di una caccia alle streghe in stile McCarthy. Il rischio? Un clima di paura che potrebbe soffocare il dibattito libero nelle università americane.
    In cinque giorni, Trump ha dichiarato guerra alla magistratura, stretto il pugno contro accademici e manifestanti, chiuso storiche emittenti e provato a imporre il peso della sua amministrazione nella politica globale.
    Alcuni pensano che sta smantellando il “deep state”, lo “stato profondo”, altri vedono in questi eventi un pericoloso assalto alla democrazia americana.

    xo9/gtr/sat
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  • America Week - Episodio 10
    2025/03/14
    NEW YORK (STATI UNITI) (ITALPRESS) - Con Wall Street in picchiata la Casa Bianca di Trump sembra un Castello di Carta. La presidenza di Donald è sempre stata un ottovolante, ma questa settimana il tracciato punta dritto verso un burrone. In soli cinque giorni, le sue decisioni erratiche hanno scosso Wall Street, allarmato gli alleati e persino diviso il suo partito. Se i dazi non sono una tattica, ma la strategia di lungo termine di Trump per “Make America Great Again”, cosa succederà quando l’inflazione salirà e il potere d’acquisto degli americani crollerà?
    Trump ha sempre vantato il suo ruolo nel mantenere l’economia forte, ma ora la sua guerra dei dazi sta facendo crollare la fiducia di Wall Street.
    L’ultima impennata delle tariffe su acciaio e alluminio canadesi - fino al 50% - ha gettato nel panico gli investitori. L’S&P 500 è già sceso oltre il 10% dal suo massimo, e dietro le quinte i CEO delle grandi aziende preparano una ribellione.
    "Se il mercato crolla oltre il 20%, inizieranno ad attaccare pubblicamente Trump", ha rivelato una fonte al Wall Street Journal. Se l’economia affonda, anche il più grande argomento elettorale di Trump potrebbe trasformarsi nella sua rovina.
    Intanto mentre le azioni Tesla precipitano, Trump cerca disperatamente di salvare Musk. Il Dipartimento dell’Efficienza (DOGE), affidato a Elon Musk, è sotto accusa per licenziamenti selvaggi, tagli senza criterio e un piano per privatizzare la previdenza sociale. Trump interviene? No, anzi. Si fa filmare mentre compra una Tesla alla Casa Bianca.
    Minaccia anche azioni contro chi specula su Tesla e chi protesta contro Musk. Ma i mercati non si controllano con le minacce. La fiducia in Musk sta evaporando.

    xo9/gsl/sat
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  • America Week - Episodio 9
    2025/03/07
    NEW YORK (STATI UNITI) (ITALPRESS) - Anche questa settimana, Donald Trump è stato il protagonista assoluto della scena politica americana e mondiale. Negli Stati Uniti, ogni giornale, ogni rete televisiva ha aperto ogni giorno con lui.
    Dal suo discorso al Congresso ai rapporti con l’Ucraina, dalle tensioni commerciali alle sconfitte in tribunale, le sue dichiarazioni e azioni hanno scatenato reazioni forti e analisi critiche.
    Martedì sera, Trump ha parlato per 100 minuti davanti al Congresso, il discorso più lungo mai tenuto da un presidente. Mentre i repubblicani lo hanno accolto con applausi e toni trionfalistici, i democratici hanno scelto una protesta silenziosa, alzando piccoli cartelli di dissenso—che però, la sera stessa, sono stati presi in giro dai comici in TV.
    Un deputato del Texas, Al Green, invece, ha interrotto il discorso gridando contro le politiche di tagli al Medicaid di Trump e per questo è stato espulso dall’aula e poi è stato censurato da un voto della stessa Camera in cui alla maggioranza repubblicana si sono uniti dieci democratici.
    Molte parti del suo discorso, subito dopo, sono state smontate dai fact-checker, rivelandolo pieno di falsità e numeri inventati.
    Tra le dichiarazioni più assurde:
    Social Security e i “pensionati ultracentenari”: Trump ha letto una lunga lista di numeri, sostenendo che milioni di persone con oltre 120 anni starebbero ancora ricevendo assegni della Social Security, alcune addirittura nate più di 150 anni fa. Totale falsità. È vero che esistono casi di persone decedute i cui nomi non sono stati rimossi dal sistema, ma il Social Security ha un meccanismo di verifica della vita che blocca i pagamenti a una certa età senza prova d’esistenza in vita. Paragone con George Washington: Trump ha affermato di aver fatto più del primo presidente degli Stati Uniti. Un’affermazione che gli storici hanno liquidato come ridicola. Anche la lettera di Zelensky ha creato critiche: Trump ha letto un passaggio in cui il presidente ucraino si dice pronto a negoziare con la Russia. Ma questa dichiarazione arriva dopo il fallimentare incontro tra i due alla Casa Bianca, in cui Trump ha sospeso gli aiuti militari all’Ucraina e anche lo scambio di intelligence tra i due paesi, apparendo sempre più sbilanciato dalla parte della Russia di Putin. Sapeva Zelensky che Trump avrebbe subito rivelato pubblicamente il contenuto della sua lettera diplomatica?
    Martedì sera, Trump ha anche rilanciato la sua politica protezionistica confermando i dazi su Canada, Messico e Cina e nuove tariffe su Unione Europea, Brasile, India e Corea del Sud.
    Il giorno dopo, la borsa ha subito un crollo, con gli economisti che avvertono che l’inflazione aumenterà.
    Trump ha fatto marcia indietro già giovedì, concedendo un mese di rinvio sui dazi che colpiscono l’industria automobilistica americana, fortemente dipendente dai componenti importati dal Canada.

    sat/gsl
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  • America Week - Episodio 8
    2025/02/28
    NEW YORK (ITALPRESS) - Trump porta avanti la sua agenda con un’efficienza spietata. Per i suoi sostenitori dimostra determinazione nel rispettare le promesse; per gli oppositori solo forza distruttiva che dovrebbe far impallidire anche coloro che lo hanno votato. Trump cavalca una presidenza che appare sempre più “imperiale”, con due campi principali d’azione dai segnali più preoccupanti: l’abbandono dell’Ucraina e, sul fronte interno, la demolizione delle agenzie federali eseguita da Elon Musk.
    Sull’Ucraina Trump ha ribaltato tutto, definendo Zelensky il dittatore responsabile della guerra invece che Putin. Zelensky mentre parliamo è in volo verso Washington per firmare alla Casa Bianca un accordo sulle terre rare con Trump. Ma più che un’intesa tra i leader di due paesi alleati, questa ormai appare come un’estorsione in pieno stile mafioso, con una differenza: almeno un boss assicura protezione in cambio del pizzo. Don Donald, invece, vuole le materie prime ucraine senza offrire alcuna garanzia di sicurezza in cambio. L’intesa dovrebbe concedere infatti alle aziende americane il controllo sulle risorse strategiche ucraine, come litio e titanio, mentre Trump rifiuta di impegnare gli USA in un accordo di sicurezza che possa realmente proteggere Kyiv.
    Zelensky non ha scelta: questa firma richiesta da Don Donald è come accettare un affare “che non si può rifiutare”.
    Ancora più scioccante per il mondo intero, quando alle Nazioni Unite questa settimana gli Stati Uniti hanno rifiutato di condannare l’invasione russa dell’Ucraina. Washington all’Assemblea Generale si è dissociata dalla risoluzione degli alleati e ha votato insieme a Russia, Bielorussia e Corea del Nord. Poi al Consiglio di Sicurezza, ecco approvata una risoluzione americana “per la pace” che assolve la Russia: Francia e Regno Unito non hanno avuto il coraggio di porre il veto, ma insieme agli altri paesi europei del Consiglio hanno mostrato il dissenso astenendosi. Il francese Macron e il britannico Starmer vanno alla Casa Bianca e implorano Trump che non si può correre il rischio di una pace che premia la Russia. Trump fa finta di nulla e semmai sfodera la sua arma preferita: le tariffe. Ha confermato che il 4 marzo partiranno quelle del 25% per Messico e Canada e un 10% in più per la Cina. All’Europa unita, accusata da Trump di essersi formata “per fregare gli Stati Uniti”, dazi al 25% senza eccezioni. Col Regno Unito, Trump - almeno in pubblico - usa i guanti e ricevendo il premier Keir Starmer alla Casa Bianca, parla di accordi commerciali molto proficui per entrambi. E quindi eccoci alla questione del DOGE di Elon Musk, con l’aggressione senza precedenti contro lo Stato federale. Trump ha dato al Dipartimento per l’Efficienza Governativa il via libera per demolire le agenzie ritenute “inutili”. Musk ha annunciato che con Doge punta a ridurre il debito pubblico di 3 mila miliardi di dollari entro settembre 2025, cioè deve tagliare 10 miliardi di dollari al giorno. Musk ha sottolineato l'urgenza di queste misure, dichiarando che la nazione rischia la bancarotta. I ministri di Trump lo ascoltavano prima impietriti, poi applaudendo al segnale del presidente che annuncia ai giornalisti in sala che tutti, nel suo governo, amano il lavoro che Musk sta facendo.
    x09/mgg/gsl
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