La quinta puntata del podcast inizia con una notizia estremamente virale della scorsa settimana: Milano, corteo pro Palestina – un agente di polizia, in servizio per il mantenimento della sicurezza pubblica, sfila con un giubbotto inneggiante a un gruppo neonazista polacco. Adesso che l’agente pare essere stato identificato dalla questura, il web ha riportato a galla un vecchio tema: perché l’Italia sembra essere uno dei pochi Paesi del blocco occidentale a non prevedere numeri identificativi per la polizia? Questa è stata l’occasione per rilanciare un appello – non nuovo – di Amnesty International, volto a chiedere al governo di adeguarsi al resto dell’Europa. Tutto ciò ha a che fare con un problema filosofico antico: quello dell’identità e della conseguente responsabilità. Ha fatto molto discutere, dopo un’inchiesta dell’Espresso, il caso del libro pubblicato da Edizioni Tlon, Ipnocrazia, che pare essere stato attribuito a un filosofo cinese inesistente, mentre in realtà sarebbe frutto di una collaborazione tra il suo editore e l’intelligenza artificiale. Sono fioccate critiche e analisi, che tuttavia non colgono il punto centrale: da sempre scriviamo in collaborazione con le tecniche di cui disponiamo. Ma qui l’oggetto del contendere sembra essere, più che la pseudo-identità dell’autore, la ragione profonda per cui, all’improvviso, questa operazione è stata rivendicata dal suo (quasi) autore reale. Perché abbiamo così tanti problemi a vivere in un mondo in cui le identità vengono costruite, e in cui dovrebbero contare i contenuti delle azioni al di là delle firme?
Regia Suzanne Alves
Scritto e condotto da Leonardo Caffo
Una produzione MOW in collaborazione con Probeat Agency Milano
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