Zelda Sayre Fitzgerald. Non è un personaggio del capolavoro di Francis Scott Fitzgerald, eppure è la sua più grande eroina. È la donna della sua vita, l'unica che abbia mai voluto veramente, la sola che lo abbia amato davvero. È sua moglie, e racconta la verità. Tutta la verità, lo giuro. La racconta in prima persona a partire da quella sera del 1918 in cui, nella grande villa del Sud dove sta per iniziare un'attesissima festa da ballo, lei, splendida diciassettenne ribelle e piena di promesse, incontra per la prima volta il tenente Fitzgerald. Che la incanta con le sue storie di guerra, i suoi racconti pubblicati sulle più famose riviste letterarie, il suo sogno di diventare un grande scrittore, ricco e famoso. Con il suo fascino irresistibile, al quale lei non sa resistere - e la fa innamorare. Sono gli Anni Ruggenti, tutto sembra possibile, anche seguire quell'uomo a New York, sposarlo e lasciarsi alle spalle la rassicurante protezione paterna. E da New York spostarsi a Londra e a Parigi, nel cuore scandaloso della scena artistica mondiale, conoscere Hemingway e Picasso. Organizzare feste chiacchieratissime sulla Costa Azzurra e poi sfrecciare nella notte verso il profumato mare italiano. Un sogno, un romanzo. E dall'altra parte la dura concretezza della realtà. L'amore tradito. L'ambizione a senso unico, che può essere solo di Scott, mentre lei deve rinunciare a tutte le sue aspirazioni. Gli amici che diventano rapaci, possessivi, violenti. Poi la follia, e il distacco. Lei dentro e fuori dagli ospedali, lui a Hollywood tra mille amori terreni da uomo di successo. Eppure continuano a scriversi, lunghe lettere da sposi fedeli. Che Scott firma sempre con tanto amore e Zelda con devozione. Come due personaggi, belli e dannati, di una leggendaria, appassionante, impossibilmente vera storia d'amore.
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