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Ispirato ai ricordi familiari dell'autrice, il racconto della tragedia di un popolo "mite e fantasticante", gli armeni, e la struggente nostalgia per una terra e una felicità perdute. La masseria delle allodole è la casa, sulle colline dell'Anatolia, dove nel maggio 1915, all'inizio dello sterminio degli armeni da parte dei turchi, vengono trucidati i maschi della famiglia, adulti e bambini, e da dove comincia l'odissea delle donne, trascinate fino in Siria attraverso atroci marce forzate e campi di prigionia.

Se Atatürk volle una Turchia laica e occidentale, oggi Erdogan va nella direzione opposta. Il paese sta assistendo infatti a una rapidissima reislamizzazione, segno che ottant'anni di laicismo di stato non hanno mai scalfito davvero l'islamismo delle masse. Dopo il recente golpe mancato, impadronitosi di ogni apparato statale, abbandonato ogni discorso europeo, Erdogan mira a far diventare la Turchia leader di un'area vastissima (che ricalca quella dell'antico impero ottomano) e paese guida dei sunniti.

Istanbul, com'è stata chiamata fin dalla conquista ottomana del 1453, ma com'è denominata ufficialmente solo all'indomani della Prima guerra mondiale. "Nèa Ryme", Nuova Roma, secondo il suo nome ufficiale. Costantinopoli, il suo vero nome, da sempre e per sempre. Un nome che evoca immagini mirabili: il sogno dell'Oriente, le lontananze raggiungibili attraverso il Bosforo e l'Anatolia. Le moschee, gli harem, i sufi danzanti, gli aromi dei bazar. Da mezzo millennio l'Europa identifica in quella sola città il prezioso anello di congiunzione fra l'antichità perduta e la modernità.

Starting in early 1915, the Ottoman Turks began deporting and killing hundreds of thousands of Armenians in the first major genocide of the 20th century. By the end of the First World War, the number of Armenians in what would become Turkey had been reduced by 90 percent - more than 1,000,000 people. A century later, the Armenian genocide remains controversial but relatively unknown, overshadowed by later slaughters and the chasm separating Turkish and Armenian versions of events.

The destruction of the Armenians of the Ottoman Empire in 1915-16 was the greatest atrocity of World War I. Around one million Armenians were killed, and the survivors were scattered across the world. Although it is now a century old, the issue of what most of the world calls the Armenian Genocide of 1915 is still a live and divisive issue that mobilizes Armenians across the world, shapes the identity and politics of modern Turkey, and has consumed the attention of U.S. politicians for years.

Acclaimed travel writer Rick Antonson sets his adventurous compass on Mount Ararat, exploring the region's long history, religious mysteries, and complex politics. Mount Ararat is the most fabled mountain in the world. For millennia, this massif in eastern Turkey has been rumored as the resting place of Noah's Ark following the Great Flood. But it also plays a significant role in the longstanding conflict between Turkey and Armenia.

The Ottoman Empire has long exerted a strong pull on Western minds and hearts. For over 600 years the empire swelled and declined, rising from a dusty fiefdom in the foothills of Anatolia to a power which ruled over the Danube and the Euphrates with the richest court in Europe. But its decline was prodigious, protracted and total.

Sorto nel XV secolo sulle rovine dello stato selgiuchide e di Bisanzio, l'impero ottomano si estende rapidamente sino alle frontiere dell'Austria-Ungheria, in Medio Oriente e nell'Africa settentrionale. Questo volume ne ripercorre la storia politica dalle origini all'apogeo, e poi fino alla sua disgregazione, cominciata già nel XVII secolo e consumatasi nel corso dell'Ottocento, con il risveglio dei nazionalismi balcanici e sotto la spinta imperialista delle nuove potenze industriali.